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E se mi guardo c’è il caos nel mio profondo

E se mi guardo c’è il caos nel mio profondo.
Sono una donna col manicomio dentro.
Il caos aiuta: la mente si disorienta e va alla ricerca di nuove idee.
Nelle danze dei dervisci, antica forma di misticismo orientale, l’adepto ruota vorticosamente su sé stesso fino a entrare in trance.
Immergersi nel caos serve a ottenere lo stesso scopo: disorientare
la mente, rompendo gli schemi e le coordinate mentali irrigidite
e poco flessibili.
Nel caos si spezzano quei punti di ancoraggio che ci impediscono
di inventare soluzioni creative ai problemi.
L’anima ha dunque bisogno di confusione per fare ordine.
La lucidità non è l’antitesi del caos ma il suo effetto.
C’è una situazione della vita quotidiana in cui questo risulta evidente:
a tutti è capitato di avere una parola “sulla punta della lingua”
e non riuscire a dirla. È un esempio tipico di come la strategia che sembra più logica, sforzarsi di risolvere un problema, si riveli la peggiore.
È sufficiente infatti distrarsi, distogliere l’attenzione da quella inutile ricerca e di colpo la parola si affaccia alla mente.
Quando, nelle situazioni quotidiane, ci sentiamo confusi e bloccati,
la soluzione non si conquista mai con la testardaggine, accumulando dati o riflettendo: arriva in un lampo, in modo irrazionale e quando aboliamo l’ordine che abbiamo costruito per ricercarla.
Perché, in realtà, quella soluzione è già dentro di noi, è il frutto di
un processo naturale che ha solo bisogno del tempo giusto per venire
alla luce.
L’elefante partorisce dopo ventuno mesi di gestazione, il batterio si duplica in pochi secondi: accorciare o allungare i tempi causerebbe
solo guai.
Ma, come tutti i processi naturali, per giungere a maturazione anche questo ha bisogno del suo nutrimento.
Può sembrare incredibile, ma la realtà è che il nutrimento della chiarezza mentale è proprio il caos, la confusione, il dubbio.
Se combattiamo la confusione a colpi di ragionamenti, finiamo per disturbare un processo che sta avvenendo già, in modo naturale.
Sentire il caos dentro di sé significa infatti che stiamo vivendo emozioni nuove, che stiamo integrando dati inaspettati, che i nostri punti
di riferimento si stanno modificando.
Calma! Lasciato sedimentare, come il seme nel terreno, il caos darà frutti al momento opportuno.
La cosa da capire è quindi che attraversare periodi di confusione
è normale.
Una lucidità sempre al massimo del resto è inutile: a noi serve
che ci soccorra quando ne abbiamo bisogno.
Possiamo però favorire questo “parto dell’anima”, diventare
la sua levatrice.
Basta evitare le strategie sbagliate e preferire i comportamenti
che la favoriscono.
Buongiorno e Buon risveglio!!

Alda Merini



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